Quando il pane cadeva per terra, si raccoglieva e si baciava. Oggi buttiamo la metà di ciò che produciamo. Anche su questo, forse, bisogna riflettere. Buon Natale!

24 DICEMBRE 2017

di Ersilio Mattioni

Nel 1983 Carlo Vanzina sbanca al botteghino con un ‘cinepanettone’ dal livello infimo: ‘Vacanze di Natale’. La trama è basica: le famiglie italiane più rinomate, ricchi signori milanesi e romani, si danno appuntamento a Cortina per trascorrere le vacanze. Sesso, trash, battute, night club e amanti come se piovessero. Una scena, più di altre, diventerà un cult. L’avvocato Covelli, su accorata richiesta della famiglia, si alza per il brindisi prima del cenone di mezzanotte. Poche parole, chirurgiche: “E anche questo Natale ce lo siamo levato dalle palle”.

Ecco, chissà quanti lo pensano, ogni anno, quando il pranzo sta per finire, quando si salutano parenti che non si vedono mai, quando il circo dei regali è chiuso e quando la pancia ti scoppia, perché più di così non potevi proprio mangiare. Le nostre cronache, quest’anno, registrano un Natale ricco di polemiche: tra parroci che non possono benedire le scuole e presidi che vietano i canti tradizionali oppure che ne disciplinano il loro svolgimento con regole ferree. Segue coro di indignazione popolare: mamme sulle barricate e papà inferociti. Eh sì, il Natale è sacro. Guai a chi lo tocca. Colossali panzane.

Questi genitori non difendono il Natale, bensì la sua caricatura. Festeggiare il Natale vuol dire interrogarsi sul suo significato. Che è cristiano. E che richiama valori come la carità, la povertà. E anche la gioia di donare a perdere, di fare un regalo senza aspettarsi il cambio. Quello che celebrano le famiglie italiane è una specie di carnevale con qualche mese di anticipo.

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Intanto, mentre si pascola nei supermercati con i carrelli pieni di roba, la terra sta morendo: i campi, ogni anno, sono sempre meno fertili; manca l’acqua, perché l’agricoltura intensiva ne consuma quantità folli; si produce cibo per dodici miliardi di persone, quando sul pianeta siamo in sette miliardi, uno dei quali è così povero da non poter mangiare. Risultato: quasi la metà della produzione alimentare viene buttata via. Una follia, che non ha eguali nella storia dell’umanità.

Eppure ci fu un tempo in cui il pane, quando cadeva a terra, si raccoglieva e si baciava. Allora forse, prima di protestare per qualche canto o per una benedizione rimandata, bisognerebbe chiedersi dov’è finita quella sacralità. E poi bisognerebbe avere il coraggio di darsi una risposta onesta, recitare un ‘mea culpa’ e provare, una volta almeno, a vivere il Natale con un po’ di dignità e un po’ di coraggio, con un po’ di cervello e un po’ di cuore. Vi diamo una notizia: non è obbligatorio abbuffarsi come bestie.