Il capo, Francesco ‘Ciccio’ Riitano, scampò all’arresto ed è latitante. Ma ad Arluno, nel Milanese, vivevano altri 2 boss: Nicola Guido e Agazio Samà

18 FEBBRAIO 2018

di Francesca Ceriani

ARLUNO (MILANO) – Non c’era solo il boss Francesco ‘Ciccio’ Riitano ad Arluno. C’erano anche i suoi fedelissimi, Agazio Samà e Nicola Guido, ad aiutare il boss latitante da 7 mesi a tenere in piedi il redditizio traffico di stupefacenti, scoperto e sgominato dagli inquirenti lo scorso maggio, che ha portato in carcere 20 persone (tranne Riitano, che è ancora ricercato), nell’ambito dell’inchiesta denominata ‘Area 51’.

Il ritratto dei ‘fedelissimi’

Entrambi residenti nella corte di via Martiri della Libertà, considerata la base logistica utilizzata sia per lo stoccaggio della droga sia per le riunioni strategiche, ed entrambi imparentati con Riitano. Guido, classe 1986, detto ‘U’ Betteju’, è genero della sorella del boss, mentre Samà, 44 anni, è sposato con la sorella di Riitano ed è lo zio di Guido. Guido è il vero braccio destro del boss arlunese: partecipe dell’associazione dal settembre 2015, effettuava in prima persona le consegne di sostanze stupefacenti, provvedeva alla raccolta del denaro derivante dalle vendite e intratteneva rapporti diretti coi fornitori sudamericani ai quali consegnava il denaro destinato all’acquisto delle grandi partite di droga.

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Vite spericolate

Ma Guido, nonostante la giovane età, non è nuovo agli ambienti malavitosi: è molto vicino a Cosimo Gallace, figlio del boss di Guardavalle, Vincenzo, ed è stato addirittura suo ‘compare d’anello’ (vale a dire testimone di nozze) in occasione del suo matrimonio; scarcerato da Opera nel 2015 (dove era rinchiuso da 3 anni), era stato arrestato per associazione mafiosa. E’ una vita movimentata, quella di Guido: dentro e fuori dal carcere, latitanze, arresti domiciliari, amicizie pericolose. Per Riitano è disposto a tutto: ma la sua vita spericolata finisce il 23 maggio scorso, quando viene arrestato. Ora Guido, come Samà, ha saltato l’udienza preliminare, passando direttamente al giudizio immediato. Samà sovrintendeva all’attività illecita relativa al traffico di sostanze stupefacenti, con particolare riguardo alle operazioni di stoccaggio e deposito presso la corte di via Martiri della Libertà. Presenziava anche, assieme a Riitano, agli incontri con gli altri associati e alle operazioni di arrivo e scarico delle partite di cocaina. Ruolo marginale, ma pur sempre importante, quello rivestito dall’arlunese Monica Zanella. Zanella, infatti, sarebbe stata il prestanome del boss, in quanto formale intestataria di una delle auto in possesso dell’associazione malavitosa, dotata di doppiofondo e utilizzata per il trasporto degli stupefacenti.

I dubbi

Eppure, ad Arluno, nessuno sapeva. Ad Arluno nessuno si era reso conto di nulla. Nonostante il vero boss fosse uno solo, attorno a lui giravano altre figure, tutte arlunesi, seppur d’adozione, e tutte che bazzicavano il paese. Davvero ad Arluno i mafiosi possono ‘lavorare’ per anni senza che nessuno si accorga di niente?