L’accusa chiede 6 anni e 6 mesi di carcere per il chirurgo amico di Celeste
di Sara Riboldi
Processo mafia e politica in Lombardia, in aula parlano gli avvocati difensori del medico chirurgo Marco Scalambra che attaccano il metodo di ricostruzione della vicenda da parte del Pubblico ministero Giuseppe D’Amico, che ha portato avanti l’inchiesta: “Siamo davanti a una gabbia in cui il Pm si è trovato prigioniero”, esordisce l’avvocato Gianluca Maris. D’Amico aveva chiesto per Scalambra una condanna di 6 anni e 6 mesi di reclusione. Per il Pm, il medico marito dell’ex capogruppo di maggioranza Silvia Fagnani avrebbe avuto un ruolo determinante in alcune scelte amministrative di Sedriano e avrebbe avuto una certa influenza sull’ex sindaco del paese Alfredo Celeste (per il quale D’Amico aveva chiesto 3 anni e 6 mesi). Il motivo? Secondo l’accusa, Celeste avrebbe promesso appalti pubblici alle cooperative a lui riconducibili in cambio di un sostegno politico. Ma per l’avvocato Maris non ci sono prove concrete, a partire dalle conversazioni: “Avrebbe utilizzato spezzoni di conversazioni che durano ore per pilotare fatti non accaduti o che accadono dopo, decontestualizzando. E questo porta confusione”. Non solo. L’avvocato tira in ballo anche le affermazioni di Eugenio Costantino (per lui, D’Amico aveva chiesto 17 anni) ascoltate nelle intercettazioni e ritenute non attendibili. “Si ricostruisce il fatto solo sul dire di Costantino. Ma troppi dati dimostrano che quello che afferma Costantino sono delle bugie. E noi sappiamo che uno dei soggetti intercettati ha un forte disturbo di personalità. Tutti ascoltano ma chi parla (Costantino, ndr) è disturbato. Questo disturbo fa sì che la conversazione non possa essere assunta come prova. Il sostegno finanziario fornito da Scalambra a Celeste e riferito da Costantino non ha trovato riscontro ma il Pm non ha il coraggio di dire che quelle affermazioni sono delle bugie”.