Secondo gli esperti del ‘Center for computer security and society’ dell’Università del Michigan ci sarebbe gravi anomalie nel voto elettronico in tre Stati: Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, dove Donald Trump l’ha spuntata per poche migliaia di voti. Il riconteggio potrebbe assegnare la vittoria a Hillary Clinton

26 NOVEMBRE 2016

di Ersilio Mattioni

WASHINGTON (USA) – Per raccontare la storia del riconteggio dei voti delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America è necessaria una premessa: nella notte tra l’8 il 9 novembre, quando i media americani annunciano al mondo la vittoria di Donald Trump sulla democratica Hillary Clinton, si parla di un vantaggio del candidato repubblicano di circa un milione di voti, cresciuto poi fino a un milione e mezzo. Insomma, oltre ai ‘grandi elettori’ (indispensabili per essere eletti alla Casa Bianca) Trump trionfa anche nel voto popolare. Sapremo diversi giorni dopo che non è proprio così. Anzi, secondo gli ultimi aggiornamenti (già, perché la conta, incredibile a dirsi, non è ancora terminata) Clinton ottiene 64,2 milioni di voti contro i 62,2 di Trump. Contraddizione di un sistema elettorale che può premiare il candidato meno votato in virtù degli Stati più popolosi conquistati, quelli che attribuiscono un numero maggiore di ‘grandi elettori’. Nella storia degli Usa è già successo cinque volte. L’ultima nel nel 2000, quando il democratico Al Gore prese 544.000 voti in più in più di George W. Bush, ma perdette. Però stavolta il divario è immenso: oltre 2 milioni di voti separano Hillary da Donald.

Gli Stati chiave

E allora come ha potuto vincere Trump? Entrano in gioco gli Stati indecisi, in particolare la Pennsylvania (20 ‘grandi elettori), il Michigan (16) e il Wisconsin (10). Qui il candidato repubblicano la spunta per poche migliaia di voti. Così, con scarti minimi, il milionario di New York si aggiudica un numero significativo di ‘grandi elettori’, che gli permette di superare la fatidica soglia dei 270. Immaginiamo cosa sarebbe successo, se a vincere in questi tre Stati (e lasciano perdere Florida e North Carolina, che meriterebbe un ragionamento a parte) fosse stata Hillary: Trump avrebbe 46 ‘grandi elettori’ in meno (passando da 289 a 243) e Clinton 46 in più (passando da 228 a 274). Hillary sarebbe dunque il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America.

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Dubbi sul voto elettronico

Sotto accusa i cosiddetti numeri anomali in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Se Clinton ha una piccola possibilità di diventare presidente, dovrà dimostrare che il voto è stato truccato in questi tre distretti, alterato da fattori esterni. Ora, senza scomodare gli hacker russi al soldo di Vladimir Putin (teoria affascinante, ma pure fantascientifica), qualche stranezza c’è. A sostenerlo è un team di scienziati e analisti di flussi elettorali, fra cui i giuristi John Bonifaz e J. Alex Halderman del ‘Center for computer security and society’ dell’Università del Michigan. Secondo loro ci sarebbero “forti evidenze”, che dimostrerebbero che il processo di voto sarebbe stato hackerato o manipolato in molti seggi in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. I ricercatori, in questa fase, non aggiungono altro e non rispondono alle domande dei giornalisti. Si limitano a far sapere a Hillary che la partita non è ancora finita e che si rende necessario raccogliere i fondi per chiedere il riconteggio delle schede, presentando il costosissimo ricorso da 6-7 milioni di dollari.

La raccolta on line

Se Clinton non raccoglie l’appello, la candidata del Green party, Jill Stein, invece sì. E gli americani sembrano darle fiducia: 2,5 milioni di dollari raccolti in poche ore, cifra che lievita fino a 4,6 milioni (dati di ieri): “Queste preoccupazioni – spiega Stein – vanno verificate prima che le elezioni 2016 siano certificate e concluse. Meritiamo un sistema di cui ci possiamo fidare”.

Il sospetto

L’analisi del voto mostra un’anomalia, della quale gli esperti dicono di avere in mano prove inconfutabili: ci sarebbe cioè un calo del 7% in media dei voti di Clinton in Wisconsin, dove sono state usate macchine elettroniche per votare. Secondo il calcoli degli esperti, la candidata democratica potrebbe recuperare oltre 30.000 voti. E non è affatto poco, perché Trump in Wisconsin ha vinto con un vantaggio di 27.000 voti. In Michigan e Pennsylvania sarebbe successa la stessa cosa, con una evidente differenza tra voti cartacei (dove la Clinton sarebbe avanti) e voti elettronici (quelli che invece avrebbero assegnato la vittoria finale a Trump). Per questo, secondo gli analisti, “è fondamentale rivedere le schede elettorali cartacee e analizzare a campione le macchine elettroniche per il voto”.

Termine ultimo

Il nuovo presidente presterà giuramento davanti alla nazione il 20 gennaio 2017, a Washington. Prima di quella data il ricorso dovrà essere presentato ufficialmente, al fine di dare il via al riconteggio. E pensare che, mesi fa, era stato proprio Trump ad avanzare l’ipotesi dei brogli, arrivando al punto di dichiarare che, in caso di sconfitta, non avrebbe riconosciuto l’esito del voto.